Non sempre Davide batte Golia. L’inquinamento luminoso in “Luna e Gnac” di Italo Calvino

Sebbene se ne parli molto poco in relazione ad altre forme di inquinamento ambientale, quello luminoso, possiede un’impronta sull’ecosistema ben più ampia di quanto il senso comune creda. Insieme al cambiamento climatico possiede infatti un non trascurabile ruolo nella scomparsa degli insetti volanti che per orientarsi, muoversi, nutrirsi e riprodursi dipendono dalla luce naturale. Chiariamo però subito un aspetto: cosa intendiamo per “inquinamento luminoso”? L’International Astronomical Union ha stabilito, per convenzione, che si è in presenza di inquinamento luminoso quando la luce artificiale, presente e propagata, nel cielo notturno supera di almeno il 10% la luminosità naturale. Solo nel 2001 viene realizzato per la prima volta un atlante mondiale dei livelli di inquinamento luminoso e, sotto questo punto di vista, la nostra Pianura Padana insieme ad alcune aree della Corea del Sud risultano tra le aree più inquinate tra tutte quelle dei paesi membri del G20. Ma l’inquinamento luminoso non solo ha effetti sull’alterazione dei cicli vitali di diverse specie di animali e piante, ma anche, ovviamente, su alcune funzioni fondamentali del nostro organismo quali l’importante ciclo sonno-veglia (con conseguente alterazione dell’orologio biologico), quello del sonno vero e proprio (riducendone durata e quindi intaccando la qualità del riposo) e quello della produzione della melatonina, sostanza dalle proprietà neuro e cardio-protettive. L’inquinamento luminoso è quindi un fenomeno che non riguarda solo chi, per professione o vocazione come gli astronomi e i poeti, si trova d continuo col naso all’insù, ma un po’ tutti noi. Questo concetto era chiaro, tra gli altri, al Calvino di “Marcovaldo ovvero Le stagioni in città” del lontano 1963 che, alla questione aveva dedicato uno dei racconti più belli della raccolta, “Luna e Gnac”. L’antologia ha per tema la quest, in mezzo alla giungla di cemento e asfalto, della Natura, da parte del protagonista, l’ingenuo idealista Marcovaldo, sottoproletario alle prese con le storture del progresso e del boom economico dell’Italia anni Sessanta. Ma la Natura, sperimenta sulla propria pelle Marcovaldo, batte ormai inesorabilmente in ritirata tanto da far sì che la trama dei racconti sia scandita da una delusione dopo l’altra per un mondo che ormai rimane, forse, solo nel suo immaginario. Nonostante ciò, come il Candido di Voltaire, Marcovaldo, batosta dopo batosta, non cede mai di un millimetro al pessimismo, disposto sempre com’è, cavaliere errante senza macchia né paura, a cercare in ogni dove quello spiraglio poetico-umano che si nasconde anche nelle più buie situazioni. Ostinato a resistere come i gatti di un altro celebre racconto della raccolta (“Il giardino dei gatti ostinati”), Marcovaldo incarna la critica ad ogni idillio, industriale e campestre, entro l’impianto di una lezione umanissima, venata di giocosa malinconia, atteggiamento che forse oggi, mutati scenari ed epoche (in peggio, ovviamente) continua a meritare di essere riscoperto e portato a galla.

Dell’impianto suddetto risente (e qui torniamo al nostro tema che è quello dell’inquinamento luminoso) “Luna e Gnac”, novella i cui tempi narrativi sono tarati sull’alternanza tra la notte naturale della durata di venti secondi e quella, artificiale, sempre da venti secondi, segnata dalla scritta al neon della pubblicità “SPAAK-COGNAC”, visibile solo a metà per la copertura data dal palazzo di fronte. Questo è lo scenario notturno cittadino che si presenta quotidianamente davanti agli occhi della famiglia di Marcovaldo, (affacciata alla claustrofobica mansarda in cui abita) e che altera gli stati d’animo dei suoi componenti tra malinconia ed eccitazione, contemplazione e pulsione psichedelica. Fino a quando il piccolo Michelino ha un’idea: bersagliare un po’ per gioco un po’ per sfida la scritta luminosa col ghiaino lanciato dalla sua fionda-giocattolo. Quando sembra che il firmamento possa tornare padrone incontrastato della volta celeste, ecco che, il mattino successivo, degli elettricisti, per conto della ditta SPAAK, ripristinano la scritta. Senza voler rapinare il lettore del gusto di quello che accadrà nel concitato finale, diremo solo che la vicenda verrà incanalata in un binario inaspettato per Marcovaldo e la sua famiglia che poco potranno gioire della loro vittoria di Pirro schiacciati dai diabolici meccanismi della spietata (e funambolica) concorrenza pubblicitaria. Finirà, in sostanza, senza neanche più quei venti secondi di luna. Finirà con la morte definitiva del bambino e del sognatore che è in ciascuno di noi.